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Ascolto del minore: un diritto fondamentale

Nel contesto dell’ascolto del minore nell’ambito dei procedimenti giudiziari, l’art. 473-bis.4 c.p.c. ha introdotto importanti cambiamenti, superando il vecchio art. 336-bis c.p.c. Oltre a considerare le difficoltà fisiche o psichiche del minore quali elementi ostativi all’ascolto, ora si tiene conto anche della sua volontà di non essere ascoltato.

La nuova disposizione conferma che l’ascolto del minore non è soltanto un elemento procedurale, ma un diritto fondamentale della persona del minore. È uno strumento cruciale per proteggere l’interesse del minore e fare in modo che le decisioni più importanti per la sua vita siano prese considerando la sua volontà e i suoi sentimenti.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, nella recente sentenza dell’11 dicembre 2023 n. 34560.

Il caso

La sentenza riguarda un caso di risarcimento del danno da fatto illecito in ambito familiare: la madre di un minore era stata condannata in primo grado e in appello a risarcire i danni provocati all’ex marito cui aveva impedito di vedere il figlio, danni quantificati nell’importo di circa 35.000,00 €.

La signora si rivolge quindi alla Corte di Cassazione lamentando un vizio di legittimità del procedimento, nel quale non era stato sentito il figlio minore, a suo avviso parte interessata alle vicende oggetto di causa.

La Corte d’Appello, in particolare, aveva respinto la richiesta sottolineando che l’audizione del figlio era superflua, poiché si trattava di un giudizio di risarcimento danni tra i genitori, e quindi di una lite che riguardava soltanto gli adulti, non direttamente il minore.

La decisione

La Cassazione ha respinto il ricorso della madre, sostenendo che il procedimento in questione non rientrava tra quelli in cui il minore dev’essere ascoltato, non trattandosi di un procedimento nel quale il figlio è a tutti gli effetti parte del processo e nel quale si decidono questioni che lo riguardano direttamente. Questa decisione riflette l’applicazione corretta delle normative che regolano l’ascolto del minore.

La pronuncia è molto interessante, poiché ricostruisce in modo dettagliato l’evoluzione dell’istituto dell’ascolto del minore e chiarisce che l’ascolto del minore è un elemento chiave per garantire un processo giusto e equo, tenendo conto dei suoi interessi specifici.

La natura giuridica dell’ascolto del minore

Il diritto all’ascolto del minore è stato rafforzato a livello internazionale e nazionale, riconoscendo la sua natura di diritto fondamentale.

In ambito nazionale già con la legge n. 219 del 2012 si è affermata la necessità di ascoltare il minore ultradodicenne nei procedimenti che lo riguardano.

Più di recente, la riforma entrata in vigore il 28 febbraio 2023, ha introdotto l’art. 473-bis.4 c.p.c. nel quale viene precisato che nella decisione sull’ascolto del minore si deve tenere conto anche della volontà del minore di non essere ascoltato.

Ciò conferma che l’ascolto del minore non è solo un incombente processuale, ma un diritto sostanziale: si tratta di una modalità tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato ed esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano, e gli consente dunque di partecipare alle decisioni relative alla sua sfera individuale, configurandosi come uno strumento di tutela e conseguimento del suo interesse nell’ambito del procedimento.

L’ascolto del minore è dunque un diritto fondamentale della persona del minore, uno strumento essenziale per garantire che le decisioni giuridiche tengano conto della volontà e dei sentimenti del minore.

 

Fonte: Corte di Cassazione sentenza n. 34560 dell’11 dicembre 2023.

Ascolto del minore: a che età un figlio può decidere se stare con mamma o papà?

Quando una coppia di genitori con figli minori decide di separarsi una delle questioni più importanti è rappresentata dalla scelta della “collocazione” del figlio, vale a dire con quale dei genitori il figlio resterà ad abitare.

Se i genitori sono d’accordo, il figlio può non avere una collocazione prevalente e trascorrere tempi equivalenti con la madre ed il padre: i genitori si dovranno organizzare per assicurare al minore uno spazio abitativo adeguato alle sue esigenze. In questo caso si parla di “collocazione alternata” e la scelta dell’abitazione del padre o della madre rileva esclusivamente ai fini della residenza anagrafica.

L’accordo tra i genitori può anche prevedere la collocazione prevalente del figlio con la mamma o il papà e stabilire che il figlio incontri l’altro genitore per tempi specifici, ad esempio uno o due pomeriggi alla settimana ed il fine settimana a settimane alternate.

Se i genitori non trovano un accordo

In caso di disaccordo tra i genitori sulla scelta della collocazione e dei tempi di frequentazione, la decisione è rimessa al Giudice che deve determinarsi tenendo conto del preminente interesse del figlio stesso.

Il criterio fondamentale cui la decisione del Giudice è improntata è il diritto del figlio a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e conservare i rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.  Un elemento essenziale per la decisione del Giudice è dato dall’audizione dei figli minori.

L’ascolto del minore è obbligatorio se ha compiuto 12 anni

L’ascolto dei minori, previsto dalla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, è obbligatorio nei procedimenti giudiziari che riguardano i figli ed in particolare in quelli relativi alla regolamentazione dei rapporti con i genitori.

L’articolo 337 octies del codice civile prevede che i figli che hanno compiuto i dodici anni di età devono essere sentiti dal Giudice, il quale nel decidere non potrà ignorare la volontà espressa dal figlio.

Se il minore ha meno di 12 anni

La norma prevede che l’audizione possa essere disposta anche in caso di bambini che hanno meno di dodici anni se “capaci di discernimento“, vale a dire capaci di elaborare concetti ed esprimerli in modo autonomo.

La valutazione sulla capacità di discernimento del minore infradodicenne è rimessa alla valutazione del giudice. Di norma, quando si tratta di bambini di età inferiore ai 12 anni, il Giudice si avvale dell’apporto di un consulente tecnico (di solito uno psicologo o un neuropsichiatra infantile) o dei Servizi Sociali, cui assegna il compito di valutare i rapporti genitoriali e la relazione tra i figli e ciascuno dei genitori.

Sul tema, la Cassazione con una sentenza del 2015, la n. 752, ha precisato che il giudice può valutare la capacità di discernimento del bambino con meno di 12 anni anche senza richiedere uno specifico accertamento tecnico e che l’attendibilità delle dichiarazioni di un minore non può essere messa in discussione solo per via della sua età.

Quanto conta la volontà manifestata dal minore

L’ascolto del minore ultradodicenne e anche di età inferiore se capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più importanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Nel decidere, il giudice è obbligato a tenere conto della volontà manifestata dal minore e può disattendere le dichiarazioni di volontà che emergono dall’ascolto soltanto vi siano delle ragioni specifiche ed in ogni caso motivando la sua decisione in maniera rigorosa e pertinente (lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 10776 del 2019).

Il Giudice può omettere l’ascolto del minore?

Sì, il giudice può decidere di non ascoltare il minore, quando ritenga che l’ascolto possa essere pregiudizievole per il minore oppure superfluo. In questo caso, il Giudice deve dare una motivazione approfondita.

Separazione con figli: alcuni consigli pratici

La separazione porta a galla una serie di emozioni negative, quali rabbia, paura, ansia, tristezza, delusione, incertezza. Per non uscirne emotivamente devastati, è importante imparare a gestire correttamente questi sentimenti, prendendosi cura di sé e, quando necessario, chiedendo aiuto ad un esperto che possa fornire un supporto concreto per superare positivamente il momento di difficoltà.

Ciò è ancor più necessario quando ci sono dei figli che contano sul sostegno dei genitori per poter superare il cambiamento che la separazione inevitabilmente comporta.

 

I figli non scelgono la separazione dei genitori

Non ho mai creduto nella teoria del “rimanere assieme per il bene dei figli”: come possono crescere bene figli che vivono ogni giorno il disamore, l’incomunicabilità, il nervosismo, i litigi dei genitori?

Se due persone non si amano più e non vanno più d’accordo, la separazione rappresenta un passaggio inevitabile, doloroso, ma necessario.

Spesso si dimentica, ma va tenuto sempre presente: la scelta di separarsi è dei genitori, non dei figli; i figli subiscono la decisione dei genitori e le sue conseguenze.

Come affrontare la separazione quando ci sono figli?

 

Cosa fare, in concreto?

Nel delicato momento della separazione, i figli hanno più che mai bisogno dell’aiuto e del sostegno dei genitori, di entrambi. Agire secondo buon senso e senza farsi travolgere della emozioni negative è fondamentale.

Ecco alcuni consigli pratici, frutto dell’esperienza professionale maturata in questi anni quale avvocato matrimonialista, oltre che dell’esperienza personale come genitore.

–  Dedicare più tempo possibile ai figli.

In questo particolare momento, i figli hanno bisogno della presenza dei genitori; è importante, dunque, cercare di essere il più presenti possibile, dedicare loro tempo di qualità. I momenti trascorsi assieme devono essere un’occasione per parlare, confrontarsi, chiedere ai figli quali siano le loro emozioni e cercare di capirle ed affrontarle assieme.

Gli psicologi consigliano di incoraggiare al dialogo il bambino esprime il desiderio di parlare delle emozioni che avverte, ma senza forzature; è essenziale ascoltare i figli e rassicurarli sul fatto che mamma e papà per loro ci saranno sempre, anche se non abiteranno più assieme. Alle domande dei figli è bene rispondere sinceramente, le bugie possono creare illusioni ed in tal modo minare il rapporto di fiducia con l’adulto.

– Giocare assieme ai figli.

Molte volte, specialmente quando i figli sono piccoli, lo scambio verbale non è la strada migliore, in quanto non tutti i bambini sono pronti ad esprimere a parole i loro sentimenti: trascorre momenti ludici, giocare e disegnare assieme può essere utile a capire, attraverso la rappresentazione del gioco o i disegni, quali siano le emozioni che attraversano il bambino.

– Ci vuole pazienza.

Mantenere la calma anche quando i bambini dicono qualcosa di sleale o scorretto è fondamentale. Spesso l’atteggiamento prepotente è una forma di reazione e difesa, esprime una difficoltà del bambino a razionalizzare quanto gli sta accadendo. Il bambino deve sentirsi accolto dal genitore sempre, anche quando sbaglia: se dice qualcosa di offensivo o se afferma qualcosa che non è vero, è importante spiegargli il vostro punto di vista, senza arrabbiarsi e soprattutto senza tuttavia denigrare o svilire l’altro genitore.

– L’ex rimane sempre l’altro genitore.

I bambini non devono mai essere messi nelle condizioni di dover fare una scelta tra l’uno o l’altro genitore; devono crescere con la certezza che entrambi sono e rimarranno presenti nella loro vita, sebbene con modalità diverse rispetto a quando la famiglia era unita.

– Conservare le abitudini del bambino.

E’ importante che, anche dopo la separazione dei genitori, il bambino continui a mantenere la rete sociale e di relazione che aveva in precedenza ed a fare le cose che fanno i bambini della sua età: se prima della separazione trascorreva qualche pomeriggio con i nonni, se andava a calcio o in piscina, continuare a farlo anche quando i genitori sono separati gli consente di mantenere delle certezze, dei punti di riferimento utili a superare il cambiamento imposto dalla separazione dei genitori.

– Prendere tempo per sé stessi.

Prendersi cura di sé, andare a concerti, cinema, teatro, uscire con gli amici, dedicarsi allo sport o a qualche hobby è importante, ed anzi fondamentale, per riconquistare fiducia in sé stessi, essere più sereni e in questo modo aiutare meglio i figli a superare il momento della separazione. Se i genitori stanno bene, stanno bene anche i figli;

– Rivolgersi ad esperti.

In caso di difficoltà, è sempre utile rivolgersi a professionisti (psicologi, psicoterapeuti, avvocati) esperti nella gestione delle vicende separative che possono fornire un sostegno ed un supporto competente ed attento.

 

Come avvocato che da anni si occupa di controversie familiari, credo sia soprattutto importante, prima di prendere qualsiasi iniziativa, informarsi sui propri diritti e sui diritti dei figli, in modo da poter assumere decisioni consapevoli e tutelanti per sé e per i figli.

Separarsi non vuol dire fare la guerra all’altro. La separazione è un momento di passaggio, è una fase della vita: se gestita con attenzione, consapevolezza, buon senso e – permettetemi – con l’aiuto dei professionisti giusti, può avvenire senza traumi e nel pieno rispetto dei diritti di tutte le persone coinvolte.

 

Adozione: corsia preferenziale per i genitori affidatari

E’ entrata in vigore il 13 novembre 2015 la legge 173/2015 che introduce alcune importantissime modifiche alla legge sull’adozione (n. 184/1983). La nuova legge consente ai genitori affidatari di poter accedere, con una corsia preferenziale, all’adozione del minore che hanno in affidamento.

Come noto, l’affidamento familiare costituisce una misura temporanea, che viene attivata dal Tribunale per i minori o dal Giudice Tutelare quando la famiglia d’origine è in difficoltà e non è in grado di prendersi cura del minore. Lo strumento è finalizzato a consentire di svolgere adeguate misure di sostegno per la famiglia d’origine, in modo da consentire al minore di farvi rientro, una volta superate le problematiche che avevano condotto all’allontanamento. Non sempre però le difficoltà familiari trovano una soluzione, e pertanto può accadere che il minore venga dichiarato in stato di abbandono, presupposto necessario per la sua adottabilità.

In precedenza, l’adozione e l’affidamento familiare rimanevano due istituti distinti, con la conseguenza che il minore allontanato dalla famiglia biologica ed affidato temporaneamente a terzi, nel periodo, il più delle volta assai lungo, necessario all’accertamento dello stato di abbandono, rischiava di dover passare dalla famiglia affidataria, con la quale aveva nelle more instaurato un legame affettivo, ad un’altra famiglia, dalla quale veniva adottato. Un’ulteriore separazione ed un ulteriore trauma per il minore, già diviso dalla famiglia d’origine.
La legge 173/2015 crea una corsia preferenziale per i genitori affidatari, attribuendo finalmente rilievo nella decisione sull’adozione ai “legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria“.

Ed anche qualora il minore faccia rientro nella famiglia d’origine o venga dato in affidamento o in adozione ad altra famiglia è previsto comunque che venga tutelata “la continuità delle positive relazioni socio affettive consolidatesi durante l’affidamento“.

Il periodo di affidamento viene riconosciuto come parte integrante della storia del minore, e non più come un mero momento di passaggio.
Certamente un importante passo avanti nella tutela dei diritti minori. Limite dell’intervento normativo è costituito però dall’obbligo, per i genitori affidatari, di possedere i requisiti previsti dall’art. 6 della legge 184/83 ai fini dell’adozione, e cioè l’essere coniugati e conviventi da almeno tre anni e di spettare i limiti d’età stabiliti ex lege rispetto all’addottando.

Fonte: legge 19.10.2015 n. 173

Violazione del diritto di visita al figlio: risarcito un papà

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo, con la sentenza del 17 novembre 2015 (Bondavalli c/ Italia , proc. n. 35532/12) ha condannato l’Italia a risarcire i danni subiti da un padre separato per la grave compromissione del rapporto con il figlio dal medesimo subita a causa dell’ostruzionismo della madre del minore e dell’atteggiamento partigiano dei Servizi Sociali, schierati dalla parte della madre .

Più esattamente, il caso sottoposto all’esame dei Giudici di Strasburgo riguardava la vicenda di un padre che per sette anni, nonostante la previsione da parte del Tribunale per i minorenni dell’Emilia-Romagna di un puntuale calendario degli incontri con il figlio, aveva potuto esercitare il diritto di visita in modo assai limitato ed anzi, per un certo periodo gli incontri padre-figlio erano stati del tutto sospesi, sulla base delle relazioni negative dei Servizi Sociali incaricati di seguire il caso e presso i quali operava anche la madre del minore come psichiatra, nonchè per via di una valutazione negativa della sua idoneità genitoriale effettuata però da uno psichiatra che era legato da comprovati rapporti di amicizia con la madre del minore.

I tentativi del padre di far emergere la faziosità delle valutazioni dei Servizi e del C.T.U. erano rimasti infruttuosi sia presso il Tribunale per i minori, sia nel procedimento di reclamo innanzi alla Corte d’Appello: i giudici di entrambi i gradi non avevano accolto la richiesta del padre di rinnovare le indagini presso altre strutture pubbliche, non legate alla madre del minore, e mediante un perito imparziale.

Richiamando la nota sentenza Piazzi c/ Italia (sent. 2.11.2010, proc. n. 36168/09), la Corte di Giustizia UE ha ritenuto violato l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che assicura il rispetto della vita privata e familiare. Ad avviso del giudici di Strasburgo, l’art. 8 non prevede solo il divieto di ingerenza del potere pubblico nella vita privata dell’individuo, ma impone un obbligo positivo, e cioè lo Stato deve attivarsi per fare in modo che il diritto alle relazioni familiari venga effettivamente rispettato e trovi piena attuazione nell’interesse prioritario del minore, suo malgrado coinvolto nella vicenda separativa dei genitori.

Fonte: sentenza CEDU 17.11.2015 (caso Bondavalli c/ Italia N. 35532/12)

L’affidamento condiviso a scuola: modalità attuative

Accade spesso che i genitori separati o divorziati che non convivono con i figli riscontrino grandi difficoltà ad accedere alle informazioni scolastiche dei figli, poichè le informazioni passano attraverso il diario scolastico o colloqui individuali che vedono protagonista privilegiato il genitore convivente.

Sulla problematica è di recente intervenuto il Ministero dell’Istruzione, con una nota indirizzata alle  istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nella quale vengono fornite indicazioni operative per la concreta attuazion in ambito scolastico dell’affidamento condiviso.

A titolo esemplificativo, il Ministero segnala alcune azioni amministrative che le istituzioni scolastiche possono porre in essere a tale scopo:

inoltro di tutte le comunicazioni – didattiche, disciplinari e di qualunque altra natura- anche al genitore separato/divorziato/ non convivente, sebbene non collocatario dello studente interessato;

– individuazione di modalità alternative al colloquio faccia a faccia, con il docente o dirigente scolastico e/o coordinatore di classe, quando il genitore interessato risieda in altra città o sia impossibilitato a presenziare personalmente;

attribuzione della password per l’accesso al registro elettronico, ove la scuola si sia dotata di strumenti informatici di comunicazione scuola/famiglia,, ed utilizzo di altre forme di informazione veloce ed immediata (sms o e-mail);

– richiesta della firma di entrambi i genitori in calce ai principali documenti (in particolare la pagella), qualora non siano in uso tecnologie elettroniche ma ancora moduli cartacei.

Significativo è soprattutto l’invito del Ministero alle istituzioni scolastiche a favorire la piena attuazione del principio della bigenitorialità, di cui si evidenzia la natura di diritto soggettivo del minore, ed a facilitare l’accesso alle informazioni relative all’andamento ed alla formazione scolastica del figlio da parte del genitore non convivente con il figlio, anche se non affidatario.

Fonte: Nota MIUR prot. 5336 del 2.9.2015 – “Indicazioni operative per la concreta attuazione in ambito scolastico della legge 54/2006 – Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli“.