Immagine di sfondo in grigio con domanda "Che cos’è la divisione ereditaria contrattuale?"

Che cos’è la divisione ereditaria contrattuale?

La risposta dell’Avvocato Barbara D’Angelo

La divisione volontaria è quel contratto con cui gli eredi sciolgono volontariamente la comunione ereditaria. È quindi un accordo con cui i coeredi diventano ciascuno proprietario esclusivo di una parte dei beni ereditari.
Essa si svolge in più fasi, che comprendono la riunione di tutti i beni ereditari e la formazione della massa ereditaria, ovvero l’inventario e la stima di tutti i beni che compongono il patrimonio del defunto; si procede poi con la formazione delle singole porzioni per ogni coerede, che possono comprendere beni mobili, immobili e, qualora sia impossibile frazionare un bene, corrispettivi conguagli in denaro. Infine, l’assegnazione delle singole porzioni, con attribuzione diretta, per scelta o a sorteggio.

Sfondo verde con domanda scritta "Posso essere diseredato e non percepire la quota legittima dell’eredità?"

Posso essere diseredato e non percepire la quota legittima dell’eredità?

La risposta dell’Avvocato Barbara D’Angelo

In Italia non è possibile diseredare un figlio, ovvero inserire nel testamento una clausola che escluda un figlio dalla quota legittima di eredità.

Tuttavia, la giurisprudenza riconosce dei casi in cui il figlio possa essere escluso dalla successione in quanto “indegno”, ovvero se il soggetto ha:
– volontariamente ucciso o tentato di uccidere il genitore, oppure il coniuge, o un discendente, o un ascendente del genitore, o commesso a loro danno un fatto ascrivibile alle norme sull’omicidio;
– denunciato in modo calunnioso o reso falsa testimonianza contro il genitore (oppure il coniuge o un discendente o un ascendente del genitore) per un reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni;
– se ha indotto il genitore con dolo o violenza a fare, revocare o mutare il testamento, o gli ha impedito di farlo;
– se ha soppresso, celato, o alterato il testamento del genitore;
– se ha redatto un testamento falso o ne ha fatto consapevolmente uso.

Il beneficiario di amministrazione di sostegno può fare testamento?

L’idea che la persona sottoposta ad amministrazione di sostegno non possa validamente disporre per testamento è piuttosto diffusa. Ma è errata. Vediamo perchè.

In realtà, l’amministrazione di sostegno non priva automaticamente la persona della capacità di testare: colui che beneficia dell’amministrazione di sostegno rimane sempre capace di agire per qualsiasi atto che non sia espressamente vietato dalla legge o dal decreto di nomina dell’amministratore (art. 409 Cod. civ.).

La legge disciplina l’incapacità di testare nell’art. 591 del Codice civile, che stabilisce che sono incapaci di testare:
a) coloro che non hanno compiuto la maggiore età;
b) gli interdetti per infermità di mente;
c) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento.

Nelle ipotesi contemplate dal legislatore, dunque, non rientra l’amministrazione di sostegno.
Ne consegue che si dovrà fare riferimento al decreto di nomina dell’amministratore di sostegno: se in esso non è prevista espressamente una limitazione della capacità di disporre per testamento, il beneficiario della misura protettiva rimane capace.

Ma quando il giudice tutelare può disporre l’incapacità di testare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno?

La valutazione del Giudice dovrà essere particolarmente attenta e scrupolosa, in quanto si tratta di una limitazione di non poco conto e che consiste in un divieto a priori, che viene emesso in epoca precedente alla redazione del testamento, e che prescinde dal suo contenuto.

In assenza di specifiche disposizioni di legge, il Giudice Tutelare dovrà fare riferimento alle norme che regolano situazioni analoghe. Ed in particolare, alle disposizioni che disciplinano l’attività notarile di raccolta degli atti e che impongono al notaio di svolgere un’indagine sulla volontà delle parti (artt. 47 e 67 della legge notarile), nonchè alle norme che disciplinano l’invalidità del testamento e delle singole disposizioni testamentarie (art. 591 cod. civ. e artt. 624 e segg. cod. civ.) e che guidano il giudizio del Tribunale nei procedimenti di impugnazione del testamento.
Le norme citate hanno un elemento in comune: impongono di verificare che il contenuto del testamento corrisponda effettivamente alla volontà che la parte ha manifestato e che, a monte, questa volontà si sia formata in modo libero e consapevole.
In sostanza, l’accertamento del Giudice Tutelare dev’essere teso a verificare che la persona beneficiaria di a.d.s.
– non versi in condizioni di infermità o inferiorità tali da esporla a possibili raggiri e manipolazioni,
comprenda in modo corretto la natura dell’atto,
– abbia maturato la decisione di testare autonomamente e spontaneamente, all’esito di un percorso psicologico corretto e non frutto di condizionamenti esterni.

Sulla scorta di queste valutazioni, il Giudice Tutelare di Vercelli, con provvedimento del 4.9.2015, ha rigettato il ricorso con cui l’amministratore di sostegno di un’anziana signora, stante volontà manifestata dalla medesima di modificare il proprio testamento, aveva chiesto al giudice di valutare l’opportunità di estendere alla beneficiaria le limitazioni legali circa la capacità di testare previste per gli interdetti.
Il Giudice, all’esito di uno approfondito accertamento istruttorio, ha ritenuto che la beneficiaria, pur presentando patologie fisiche che la rendevano in parte impossibilitata a provvedere ai propri interessi, fosse nel pieno possesso ed esercizio della propria capacità di negoziare per testamento in qualsiasi forma.

Fonte: Giudice Tutelare di Vercelli, decreto 4.9.2015

Impugnazione del testamento per incapacità naturale: la prova può essere data con qualsiasi mezzo

L’impugnazione del testamento per incapacità naturale è fattispecie ben diversa dall’impugnazione per falso: la prima presuppone un accertamento della condizione totale incapacità di intendere e di volere dell’autore del testamento nel momento in cui lo ha redatto, la seconda si sostanzia nella contestazione della provenienza del testamento dal de cuius.
Con la prima si chiede l’annullamento del testamento in quanto redatto da persona non in grado di autodeterminarsi, con la seconda si afferma che il testamento non è valido poichè non è stato redatto di pugno o non è stato sottoscritto o datato dal testatore.
Sul tema è di recente intervenuta la Corte di Cassazione, pronunciandosi su un caso di annullamento del testamento per incapacità di intendere e di volere ove era stato contestato, tra l’altro, il mancato esperimento di una perizia calligrafica sulla scheda testamentaria.
La Suprema Corte ha, dapprima, ribadito l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 12307/15 del 15.6.2015) secondo cui la contestazione della autenticità del testamento non richiede la querela di falso, ma più semplicemente la proposizione di domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, con conseguente alleggerimento dell’onere probatorio a carico dell’attore.
Quindi, la Suprema Corte ha sottolineato che quando viene contestata la capacità di testare, per ottenere l’annullamento del testamento non è sufficiente dimostrare una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive della persona che ha fatto testamento, ma va data la prova che la persona, al momento della stesura dell’atto di ultima volontà, era totalmente priva di coscienza dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi.
E poichè lo stato di capacità costituisce la regola e l’incapacità è l’eccezione, compete a colui che afferma l’incapacità del de cuius di dimostrare detta incapacità. Fa eccezione l’ipotesi in cui il testatore si trovasse in condizione di totale e permanente incapacità, nel qual caso grava su chi intenda avvalersi del testamento dimostrare che è stato redatto in un intervallo di lucidità.
La prova in punto alle condizioni fisio-psichiche ed alla capacità di intendere e di volere dell’autore del testamento può essere data con qualsiasi mezzo: a titolo esemplificativo, mediante la documentazione medica attestante le condizioni di salute del testatore, le dichiarazioni testimoniali di coloro che, per ragioni di lavoro o personali, sono state accanto al testatore nel periodo in cui è stato redatto il testamento, ecc.

Fonte: Corte di Cassazione, sentenza n. 2239/2016 del 4.2.2016