La bigenitorialità ai tempi del Coronavirus

Il diritto di visita non si sospende in forza dei recenti provvedimenti governativi, ed in particolare del D.P.C.M. 11/2020 finalizzato al contenimento della diffusione del Covid-19.

Lo ha chiarito il Governo precisando, sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Decreto #Iorestoacasa, domande frequenti sulle misure adottate dal Governo), che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio.

Sul tema è già intervenuto d’urgenza il Tribunale di Milano con un provvedimento dell’11 marzo 2020 con il quale, proprio richiamando l’interpretazione data dal Governo, ha prescritto ai genitori di attenersi al calendario della frequentazione concordato nella separazione consensuale, evidenziando che il DPCM 22/2020 non  preclude l’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori e consente gli spostamenti finalizzati al rientro presso la residenza ed il domicilio. Si tratta di una decisione adeguata per lo specifico caso deciso, ma che non può valere in assoluto.

La stessa risposta del Governo, per quanto autorevole, non tiene conto di alcune situazioni particolari, nelle quali la tutela del diritto alla bigenitorialità rischia di entrare in conflitto con la tutela del diritto alla salute e richiede un bilanciamento da valutarsi caso per caso.

Se il genitore svolge una professione a rischio

Cosa accade, infatti, quando uno dei genitori svolge una professione, quale ad esempio, il medico o l’infermiere che lo espone ad un elevato rischio di contagio e di trasmissione del virus? Oppure se un genitore si è recato di recente per esigenze lavorative, in un’area ad alto tasso di diffusione del virus, ad esempio nella prima “zona rossa” ?
In questo caso, deve prevalere il buon senso: dovrebbe essere lo stesso genitore maggiormente esposto al rischio a tutelare il figlio e ad evitare contatti diretti, in quanto potenzialmente pregiudizievoli per la salute del figlio.
Ma se non lo fa? E’ legittimo il rifiuto dell’altro genitore di fargli vedere il figlio? Non vi è una risposta univoca, ma le ipotesi vanno valutate caso per caso, tenendo conto delle specifiche situazioni.

Se il figlio è immunodepresso

Altra ipotesi particolare è quella del figlio affetto da patologie che comportano una compromissione del sistema immunitario: per questi bambini è estremamente importante, in considerazione dell’elevata capacità di diffusione del Coronavirus, rimanere in casa in questo periodo. Pertanto, una valida soluzione potrebbe essere quella di consentire le visite dell’altro genitore, presso l’abitazione del figlio.

Sì ai contatti telefonici e via Skype

In entrambi i casi, dovranno essere sempre garantiti i contatti mediante telefono o videochiamata o via skype. Si tratta di una modalità che, in via temporanea, può validamente essere applicata per consentire ai figli di mantenere un rapporto continuativo con l’altro genitore, nell’attesa del ritorno alla normalità.