Sexting e dovere di fedeltà: quando i messaggi sullo smartphone portano all’addebito della separazione

La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 25 settembre 2025, affronta un tema ormai ricorrente nelle separazioni contemporanee: il sexting, cioè lo scambio di messaggi a contenuto sessuale tramite smartphone, può essere considerato una forma di infedeltà tale da comportare l’addebito della separazione?
La risposta fornita dai giudici è netta: sì, il sexting integra una violazione del dovere di fedeltà e, come tale, può determinare l’addebito quando contribuisce alla crisi del matrimonio.

Il caso: tra relazione virtuale e rottura della convivenza

La vicenda nasce all’interno di un matrimonio con due figli minori. La moglie aveva intrattenuto una relazione extraconiugale che si esprimeva anche attraverso lo smartphone, culminando con scambi di messaggi dal contenuto esplicitamente sessuale. Il Tribunale di Foggia aveva attribuito alla donna la responsabilità esclusiva della separazione, ritenendo accertata la violazione del dovere di fedeltà.

In appello, la donna ha sostenuto che quei comportamenti fossero stati, almeno in parte, “tollerati” dal marito e che, comunque, non rappresentassero la vera causa della crisi matrimoniale, che – a suo dire – era già precedente. Ha inoltre chiesto il riconoscimento di un assegno di mantenimento.

La valutazione della Corte: l’infedeltà è grave e richiede una prova rigorosa per essere “neutralizzata”

La Corte d’Appello ha confermato l’impostazione del Tribunale partendo da un principio consolidato: l’infedeltà coniugale costituisce una violazione particolarmente grave dei doveri matrimoniali e, di per sé, è idonea a giustificare l’addebito della separazione. Per evitare tale conseguenza, il coniuge infedele deve dimostrare che la crisi era già irrimediabilmente in atto prima dei comportamenti contestati.

Nel caso esaminato, la donna non è riuscita a fornire alcuna prova convincente sulla preesistenza della crisi. Al contrario, la Corte ha rilevato la strettissima vicinanza temporale tra l’ultimo episodio di sexting – scoperto dal marito il 29 settembre 2019 – e l’avvio del giudizio di separazione, risalente a poco più di un mese dopo. Un dato che, secondo i giudici, rafforza il legame causale tra infedeltà e rottura del rapporto.

La tolleranza del coniuge non elimina l’infedeltà

Uno dei punti più rilevanti della decisione riguarda il presunto “perdono” del marito. La Corte ha chiarito che la tolleranza verso un singolo episodio non può annullare la gravità di successive violazioni del dovere di fedeltà. I doveri coniugali  sono inderogabili, e non può ritenersi che un atteggiamento pacificatore equivalga a una rinuncia definitiva a far valere i propri diritti, specie quando l’infedeltà si ripete.
La condotta del marito, dunque, non è stata interpretata come riconciliazione, ma come tentativo di contenere il conflitto nell’interesse dei figli.

Il mantenimento: niente assegno per il coniuge cui è addebitata la separazione

La conferma dell’addebito ha poi portato a rigettare l’ulteriore richiesta dell’appellante relativa all’assegno di mantenimento. Ai sensi dell’art. 156 c.c., infatti, non ha diritto al mantenimento il coniuge cui sia addebitata la separazione, essendo tale beneficio riservato esclusivamente alla parte non responsabile della crisi. L’assegno può essere escluso anche in caso di parità economica o autosufficienza reddituale, ma, in presenza di addebito, la preclusione è assoluta. L’unica tutela residua sarebbe quella degli alimenti, che però nel caso specifico non era stata richiesta.

Una conferma della rilevanza giuridica dell’infedeltà “digitale”

Questa decisione ribadisce un orientamento ormai stabile: le relazioni virtuali, il sexting e più in generale i tradimenti digitali possono integrare infedeltà coniugale, anche in assenza di rapporti fisici. Ciò che conta è la lesione della fiducia e della lealtà, elementi fondamentali della convivenza matrimoniale.
La tecnologia cambia gli strumenti, ma non la sostanza dei doveri coniugali.

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